Arianna Pomposelli ci presenta Roberta Maione, laterale di futsal e nazionale italiana.
Le origini napoletane di Roberta Maione sono ben nascoste dietro ad un convinto accento toscano.
Ci scherza su lei stessa, insieme ad Arianna Pomposelli, in un clima “disimpegnato” che caratterizzerà tutta l’intervista.
Fresca di promozione in serie A con il suo team CF Pelletterie, Roberta Maione non ha iniziato a giocare a futsal fin dai suoi esordi calcistici. I suoi primi calci, infatti, li tira nei campi a undici, dove gioca, come spesso accade alle calciatrici, con i maschi.
L’incontro con il futsal
In quel periodo neppure sapeva cosa fosse, il futsal. A quattordici anni, dopo aver fatto qualche provino con delle squadre del continente, con esiti promettenti, non se la sente di andare via di casa così giovane, ed inizia a giocare nell’Elba 97, squadra di futsal dell’isola in cui vive.
Si adatta bene al nuovo sport e si appassiona. Viene successivamente notata per la sua bravura e passa alla Virtus Roma, proprio nell’anno in cui Arianna Pomposelli passa al Montesilvano per disputare il suo primo anno in serie A. Le due atlete non si incrociano per poco, ma si ritroveranno due anni dopo in Nazionale.
Prendendo spunto dal salto forte che rilevano le atlete passando dalla serie A2 alla A, Arianna chiede cosa manchi al futsal, e Roberta Maione non esita neppure un attimo a rispondere: “professionalità”. Infatti, “…ci sono ancora troppi appassionati, non persone preparate…”; serve poi “…una struttura che parta dalle ragazzine…”.
La mancanza di pazienza con le giovani atlete
Roberta Maione centra con precisione un problema di non immediata risoluzione: “…invece che coltivare la ragazzina che ha ancora delle lacune, io vado a prendere quella che mi fa la differenza, da un altro continente…”. Le fa eco Arianna Pomposelli, che riassume molto bene il discorso di Roberta in un’unica frase: servirebbe “…più che un prodotto pronto, un prodotto che lavori nel tempo…non abbiamo pazienza in Italia…”
A pensarci bene la questione, fondamentale, affrontata in questo passaggio dell’intervista è una tematica comune non solo al calcio delle donne ma anche a quello maschile, che vede i “prodotti interni” spesso penalizzati a favore di talenti, o supposti tali, che arrivano dall’estero a suon di milioni. Impossibile non pensare alla polemica, che ciclicamente torna sui media, riguardante la scarsa attenzione dedicata ai vivai italiani, tornata prepotentemente alla ribalta dopo la mancata qualificazione ai prossimi campionati mondiali da parte della Nazionale di calcio maschile.
Una questione di mentalità, quindi: un modo di vedere i vivai e di impiegare le giovani, una visione del futuro. Di certo un modo di vedere le cose che non incoraggia a pensare in positivo.
La passione di Roberta Maione
E mostra tutta la sua passione, Roberta, quando il discorso torna sul futsal giocato. Consiglierebbe ad una bambina di giocare a futsal “…perchè è bello da vedere, non ti annoi…è un gioco che, se giocato bene, non vedi la differenza fra maschile e femminile…ne rimani folgorato…”.
Parole non da poco, che invogliano di certo ad andare a vedere le ragazze giocare, ma che mostrano anche una “parità di genere” dal punto di vista tecnico che nel calcio a undici sembra ancora lontana, dovuta principalmente alle caratteristiche tutte particolari del calcio a cinque.
E c’è un momento anche per l’autocritica, che non è proprio da tutti saper fare: sappiamo quanto la preparazione fisica delle atlete sia cruciale per i risultati e quanti sacrifici comporti; Roberta Maione non ha paura a dire che in passato non è stata certo perfetta dal punto di vista della preparazione in palestra e della diligenza alimentare.
Vale sempre il fatto che un passaggio al professionismo determinerebbe per queste atlete un “inquadrarsi” in certi schemi che sarebbe giustificato dal fatto di fare futsal come professione; non è mai semplice essere costanti quando si è dilettanti e magari si deve conciliare lo sport con un lavoro che a volte con il mondo dello sport centra ben poco.
Certamente questa intervista mostra come si possono affrontare temi importanti, come il professionismo e la parità di genere nello sport, anche non facendo mancare qualche risata ed un’atmosfera “goliardica”, che ha caratterizzato tutto il dialogo fra le due atlete.
Voglia di trasmettere passione alle atlete di domani
Di certo non è mancato l’entusiasmo, non è mancata quella voglia di trasmettere la propria passione e di coinvolgere le persone che ascoltano, tipica delle atlete che vivono in profondità lo sport della loro vita.
Per ora è “solo” passione, puro entusiasmo che fa sopportare i sacrifici necessariamente connessi al praticare sport ad alto livello. Un giorno certamente sarà professionismo: una condizione che cambierà completamente la vita delle atlete e le renderà ancora più consapevoli e complete.
L’avere il coraggio di mettersi in gioco davanti alle telecamere, come hanno fatto Arianna e Roberta, è in ogni caso fondamentale per far comprendere alle donne che lo sport, qualsiasi sport, può essere la loro scelta di vita.
Marco Tamanti Pallone al Femminile