Beatrice Brighenti e Lara Mucciante intervistano Maria Beatrice Benvenuti
“…provaci, che te ne frega: se vai male, pace, ci saranno altre occasioni, ma se vai bene, ti crei altre opportunità…” . Chi abbia vissuto un po’ e non abbia permesso agli anni di trascorrere per nulla, non può non sapere quante convinzioni limitanti affliggano le esistenze di tutti gli esseri umani e quanto possano ostacolare la realizzazione personale e professionale delle persone. Quella citata, è la frase che Maria Beatrice Benvenuti (o Bea, come si fa chiamare) una volta ha rivolto a se stessa in occasione di un momento sfidante della sua carriera.
Un’adolescente che vuole realizzare i suoi sogni
Atleta che ben poco ha di ordinario: non gioca a rugby ma lo arbitra, e lo fa dal 2009. Tre anni dopo viene già designata in un contesto internazionale, alle universiadi di Kazan, in Russia, dove riesce, di fronte alla comprensibile inquietudine, a risolvere il conflitto interiore appunto con quella frase. A proposito, un’informazione importante: è nata nel giugno ’93 e quando inizia ad arbitrare ha solo sedici anni; la sua prima occasione di dirigere in un torneo internazionale le capita quando ne ha diciannove.
All’inizio dell’intervista parte subito forte, Bea, mettendo in campo concetti importanti, quando le viene chiesto come abbia costruito la sua carriera. Lo fa in modo diretto, andando all’essenziale e trasformando parte della sua intervista in un piccolo “vademecum” a beneficio non solo delle future arbitre, ma di chiunque voglia inseguire un sogno, perseguire un grande obiettivo.
Il vademecum di Maria Beatrice Benvenuti
Primo punto: il sacrificio. E’ un “refrain” che torna praticamente sempre nelle interviste di Ragazze Nel Pallone alle atlete. Lo abbiamo visto descritto in vari modi, sotto varie angolazioni, ma la conclusione che ne scaturisce è praticamente sempre la stessa: “…rifarei quello che ho fatto…” , proprio quello che Maria Beatrice Benvenuti dice delle sue rinunce in termini di vita sociale che ha dovuto sostenere, ma che sono state indispensabili al conseguimento dei suoi obiettivi.
Secondo punto: la dedizione. Mettere impegno in ciò che si fa è indispensabile per poterlo fare bene. “…se non ci metti impegno in quello che fai e non ci credi, non arriverai mai da nessuna parte…”.
Terzo punto: avere un sogno. E’ il motore fondamentale di tutti i grandi progetti, lo sappiamo bene. Ma poi finiamo in qualche modo per dimenticarcene, per escludere dalla nostra vita questo elemento fondamentale. Bea dice che lei sogna ad occhi aperti e che “…il sogno ti dà la direzione…”: va in pratica a creare un motivo per i sacrifici che si sostengono.
Quarto punto: avere degli obiettivi. I passi fondamentali per arrivare al sogno. Occorre sempre, dice Maria Beatrice Benvenuti, mettersi in discussione per cambiarli.
Quinto punto: buttarsi, per cogliere le opportunità. Bea è stata letteralmente “buttata” in campo anni fa, e non è fuggita di fronte alla sfida. Si è messa in discussione durante il suo primo viaggio all’estero, arbitrando rugby “a sette” dove lei era abituata ad arbitrare rugby “a quindici”.
Ma non bisogna pensare che l’intervento di Maria Beatrice Benvenuti, arbitra ventottenne di caratura internazionale, si riduca ad una lezione sui fattori che determinano il successo. Il discorso infatti, assume presto un respiro più ampio: l’arrivare in alto per Bea ha un significato più profondo della gratificazione personale, costituisce un passo avanti per tutte le donne, che devono capire che possono raggiungere il ruolo che desiderano.
Accanto agli uomini, non in contrapposizione
Il discorso di Bea però non va nel senso di una conquista della donna a scapito degli uomini:
“…essere donna è un valore aggiunto e non vuol dire che noi dobbiamo mettere da parte gli uomini…”. Il suo sogno è quello di vedere le donne affermarsi accanto agli uomini, non in contrapposizione: così come un arbitro deve essere ritenuto tale a prescindere dal fatto che sia donna o uomo.
Man mano che l’intervista prosegue, appare chiaro che l’articolo di un blog non basterà neppure a delineare sommariamente tutti i punti toccati da questa atleta. Si va dall’orgoglio di rappresentare la propria nazione alla consapevolezza che quando devi studiare di notte e scrivere la tesi di laurea sull’aereo fra una trasferta e l’altra, l’essere professionista darebbe una serenità diversa a quell’atto, pur voluto e bellissimo, così come lo darebbe al sacrificio di sostenere dei test durissimi per verificare l’indispensabile stato di forma.
Si va dallo sviluppare una mentalità adatta a performare senza abbattersi per i momenti “no”, al fatto che non si possa far finta di nulla di fronte alle discriminazioni di genere e che a parlarne debbano essere anche gli uomini; dice questo con assoluta calma, ma anche con un’intensità difficile da rendere a parole.
Le sfumature che non si possono descrivere
Sì, è decisamente difficile rendere conto in queste righe dell’intensità del messaggio di Bea rispetto al discorso della parità di genere e del contributo che essa stessa sente di poter dare all’evoluzione delle donne, lei che in campo non ci va solo come Maria Beatrice Benvenuti, ma come rappresentante di tutte le donne. Donne che magari sognano, vedendola fare il suo ingresso, di essere come lei, se non altro a livello di atteggiamento e valori.
Ancor più difficile, se non del tutto impossibile, è rendere conto dei suoi toni di voce, del suo modo privo di esitazioni di comunicare quello in cui crede, del modo tutto suo di rappresentare una donna che non deve dimostrare nulla, semplicemente ha deciso di essere ciò che è.
Per tutto questo lo scritto non basta, occorre proprio vedere l’intervista……
Marco Tamanti Pallone al Femminile